domenica 6 maggio 2012

Ripercorrere: La cento e 4


Nacqui per primo, una volta sola. Poi una lunga schiera di secondi fino all'ultimo, eravamo la prole. Quando nasci non hai tempo per pensare, non puoi nemmeno accenderti una sigaretta. A quattordici anni presi il vizio perché il migliore della scuola fumava.

All'inizio vivevamo in campagna, rincorrevo i cani e venivo bastonato con loro. Poi una volta trasferiti in città arrivò la miseria. Eravamo in troppi, tanti: in campagna sono 20 braccia per lavorare, in città 10 bocche da sfamare. Ero il più bravo della scuola, mamma non mi concedeva altro da fare. Andavo a scuola fino al 26 luglio, poi anch'essa mi abbandonava.

Lavoravo al tabacchi di famiglia, portavamo il cancro ma all'epoca non si sapeva e quindi tutti ci sorridevano. Correvo qua e là, come quand'ero bimbo in campagna, per portare i soldi alla posta, mamma me li metteva nelle mutande: era più sicuro. Una volta portai 10 milioni, correvo come il vento; avevo 6 anni. Non  uscivo a giocare col pallone insieme agli altri bimbi, non andavo al mare con i ragazzi e non andavo al cinema come gli uomini: correvo alle poste.

A vent'anni entrai per la prima volta al cinema, vidi "Lo chiamavano Trinità", oggi guardo i western per addormentarmi, da ragazzo vedevo fino a 3 proiezioni di seguito senza soste. Amavo la matematica, facevo i conti al negozio, ed ero il migliore della scuola; forse l'ho già detto però mamma diceva che dovevo dirlo spesso.

A 21 anni votai per la prima volta, Democrazia Cristiana e quattro preferenze, mi spiegò come funzionava mamma. Mi iscrissi a Medicina a Napoli convinto di essere il più bravo; non fu così.

Successe poi un cosa brutta che non vi racconto.

Divenni poliziotto, tutto quello che mi diceva mamma era restrittivo, repressivo: ero a mio agio. Votai ancora un po' Democrazia Cristiana, girai l'Italia: Siena, Firenze, Torino, Vicenza, Verona, Genova. Ricordo le bravate con la celere, i brigatisti da spiare, le identità mutevoli, i nascondigli, cambiavo auto per non destare sospetti ai fanatici, rischiavo la vita. Le uscite con i colleghi, le auto nel muro, le prime scopate e soprattutto l'alcol. Una nuova famiglia, camerati, non tornavo spesso da mia madre, al massimo a Cologno mi vedevo con uno zio-cugino.

Bevevo praticamente sempre tranne quando lavoravo. Al Nord faceva freddo, tutti bevevano. Al Paese dove tutto è partito, tutti bevevano. Mi resi conto dell'estrema utilità dell'alcol e la necessità di essere discreto.

Lavoravo bene, ero il migliore di tutti.

Essere il migliore di tutti nell'amministrazione pubblica ti fa sentire solo, vieni isolato perché sei visto come lo "stronzo" che fa sgobbare gli altri, sei la causa delle ramanzine del principale. A me piaceva stare solo, i vizi erano compagni e dormire mi faceva sognare.

Quando tornai in città, non lo dissi a mia madre, mi innamorai della prima comunista per strada (solo dopo ho scoperto che era identica a mia madre) per farle un dispetto ed oggi, sebbene non la vedo molto, faccio il bravo figlio sulla carta, ho la cento e 4.



Exit Post: Non dirò ulteriori dettagli perché sono un uomo di poche parole, mi sono descritto come la peggiore persona possibile perché non sono il migliore di nessuno, nemmeno di me stesso. Ho un complesso e lo porto con me, presto lo lascerò ai miei figli e allora sarò libero di prendermi un cane e dare bastonate.


Continua il percorso: 
Ripercorrere: Compagna suggestione 
Ripercorrere:  Questo sconosciuto

2 commenti:

  1. Non so che scriverti, ma sento la voglia di scriverti qualcosa; se diventerà un'abitudine... no, non mi piace questa parola, se passerò di nuovo per le tue pagine e dovessi provare di nuovo la stessa cosa, probabilmente ti dirò solo "ho letto!".
    Ma la prima volta c'era da doverlo spiegare.

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    1. ogni tuo "ho letto" sarà per me un "ho scritto" e mai tutto fu così poco banale per l'imponente trasmissione fra i due gesti.

      "La prima volta c'era da doverlo spiegare"

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